L’Unione Europea sembra avviarsi verso il bando al biossido di titanio. Una mossa la quale, però, giunge abbastanza tardiva, se solo si pensa che vari rapporti scientifici ne avevano segnalato la pericolosità da anni a questa parte.
Basti pensare in effetti che già nel 2017 uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Zurigo aveva invitato le persone affette da malattie infiammatorie intestinali a evitare gli alimenti che lo contengano. Ovvero le caramelle, le gomme da masticare, le salse, i marshmallow, i prodotti da forno e quelli a base di formaggio.
In particolare a rendere insidioso questo additivo per la salute sarebbe la forma nanometrica con la quale viene prodotto. In pratica, il biossido di titanio è in grado di contenere sino al 3,2% di peso in nanoparticelle, caratterizzate da dimensioni inferiori ai 100 nanometri. Quindi talmente microscopiche da essere in grado di attraversare le pareti delle cellule.
Lo studio elvetico ha inoltre verificato che le persone affette da colite ulcerosa rivelano una maggiore concentrazione di biossido di titanio nel sangue. Secondo Gerhard Rogler, professore di Gastroenterologia ed epatologia presso l’Università di Zurigo, proprio questa circostanza dimostrerebbe che in determinate condizioni di salute, ovvero quelle determinate da una malattia, queste particelle possono essere assorbite dal cibo.
Va segnalato che nonostante gli studi, le istituzioni sanitarie europee non hanno indicato restrizioni all’impiego dell’E171 negli alimenti. Arrivando al caso limite del 2016, quando l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha provveduto ad un riesame del suo profilo di rischio concludendo che non sarebbero evidenti effetti nocivi derivanti dal consumo per via orale. Ci sono voluti cinque anni per arrivare ai necessari provvedimenti.

 

 

 

 

 

Di Dario