Mentre la campagna vaccinale va avanti in ogni parte del globo, con risultati differenti, continua anche la discussione derivante dalla mancanza di dosi in molti Paesi. Una carenza che spinge le autorità sanitarie ad interrogarsi sul modo migliore di procedere per riuscire comunque a fornire un valido scudo contro la diffusione del virus.
Sulla discussione si affaccia però uno studio proveniente dagli Stati Uniti che è stato pubblicato sul British Medical Journal. Il quale afferma che il ritardo nella somministrazione della seconda dose del vaccino anti Covid, che è spesso il modo migliore per fare in modo che un numero maggiore di persone possa ricevere la prima, può in effetti rivelarsi un vantaggio. Il motivo è da ricercare nel fatto che in tal modo sarebbe possibile ridurre sino al 20% il numero dei decessi da coronavirus.
Lo studio è andato a simulare l’evoluzione reale di un modello basato su 100mila cittadini statunitensi adulti che hanno ricevuto soltanto la prima dose del vaccino, la quale sarebbe in grado di offrire l’80% di protezione dal virus. Il risultato è stato di 207 decessi ogni 100mila persone. Nel caso in cui invece venisse somministrata la seconda dose secondo il calendario previsto, il numero dei decessi si attesterebbe a quota 233, sempre ogni 100mila persone.
Gli estensori dello studio affermano quindi che il rimando della somministrazione della seconda dose del vaccino, ove la penuria continuasse a presentarsi alle autorità sanitarie dei vari Paesi, non sarebbe assolutamente un danno. A patto, però, che il tasso di vaccinazione giornaliero prosegua ad un ritmo tale da interessare tra lo 0,1 e lo 0,3% della popolazione.

Di Dario